Il mutuo va giù? Aspetta e spera

CHIPROTESTA: Chi paga il mutuo
CONTRO CHI: le banche
PER QUALE MOTIVO: L’Euribor crolla ma la banca aumenta i margini di guadagno

Il mutuo va giù? Aspetta e spera… Dovrebbe diminuire vistosamente e invece solo ribassi-lumaca

(fonte IL TIRRENO - CARLO BARTOLI)

C’è una cosa che accomuna le compagnie petrolifere e le banche: la velocità nell’adeguare i prezzi al crescere del costo della materia prima (il petrolio in un caso, il denaro nell’altro) e la lentezza nel ridurli nel caso contrario. I tassi in questi mesi seguiti alla bufera dei mutui subprime sono scesi a grandi balzi, ma le rate dei nuovi mutui si sono ridotte di pochissimo e solo nel caso dei prodotti a tasso variabile. Se perfino Lorenzo Bini Smaghi, membro dell’austero consiglio direttivo della Banca centrale europea, ha sentito il bisogno di invitare le banche italiane a trasferire alla clientela la riduzione dei tassi operata dalla Bce è segno che il problema c’è ed è rilevante.
Con un Euribor a tre mesi (il tasso di riferimento per erogare i mutui a tasso variabile) precipitato dal 5,39% del 9 ottobre fino all’1,28 attuale si sarebbe potuto immaginare un crollo delle rate, ma ciò non è accaduto che in minima parte. I mutui a tasso fisso non hanno potuto beneficiare di un analogo crollo dell’Irs a venti anni, che è un tasso per sua natura molto più stabile, ma neppure in questo caso è andata bene ai risparmiatori, perché le banche hanno applicato ai mutui a tasso fisso degli spread, che rappresentano il margine di guadagno e di copertura del rischio, sempre crescenti con il risultato di appesantire in maniera ingiustificata la rata dei mutui.
Per verificare in concreto se e quanto la diminuzione dei tassi imposta a tappe forzate dalla Bce abbia prodotto dei risparmi per i consumatori, abbiamo provato a mettere a confronto due coppie di mutui. I primi due (uno fisso e l’altro variabile) richiesti il 20 gennaio e i secondi due reperiti sul mercato ieri. In tutti e quattro i casi sono stati chiesti 200mila euro per acquistare un immobile da 300mila da parte di una coppia di dipendenti con contratto di lavoro a tempo indeterminato residenti a Livorno. Il risultato è sconfortante.
Per il tasso variabile, il risparmio ottenuto sulla rata mensile in questi quattro mesi è di appena 69 euro su 1.095. Il Taeg, che indica il costo reale del mutuo, è calato solo dello 0,6%, mentre l’Euribor, nel frattempo, è sceso di quasi il doppio. Dunque, il differenziale tra la riduzione del costo del denaro e quella del costo del mutuo è a tutto vantaggio della banca e a danno del consumatore che avrebbe potuto attendersi un risparmio poco meno che doppio.
Passando al tasso fisso si ha la dimostrazione dell’eterno teorema che il risparmiatore è un pollo da spennare. In questo caso, il tasso di riferimento è cresciuto impercettibilmente (più 0,06%), mentre il costo del mutuo è salito dieci volte di più, determinando così un aumento della rata di 67 euro.
Il segreto di questo gioco di prestigio sta nello spread che in questi mesi è stato aumentato progressivamente. Da una elaborazione compiuta dal Sole 24 Ore su dati di Mutuionline è emerso infatti che tra l’agosto del 2008 e l’aprile di quest’anno gli spread applicati sui mutui a tasso fisso sono passati dallo 0,94 all’1,49%, mentre in media quelli riservati al variabile sono cresciuti dallo 0,95 all’1,44%. Tradotto in soldoni, un pezzo dei benefici della caduta dei tassi sono stati incamerati dalle banche.
Tutto questo è accaduto in un periodo nel quale i clienti disposti a sottoscrivere un mutuo sono fortemente diminuiti e quindi è lecito attendersi un aumento ulteriore degli spread adesso che la richiesta di mutui sta mostrando segni di risveglio.
Secondo le rilevazioni dell’Osservatorio regionale di Mutuionline, in Toscana il mercato dei mutui si sta infatti rianimando e si sta nuovamente indirizzando verso il tasso variabile anche se il fisso è ancora la forma largamente predominante, visto che è la preferita dal 76,2 per cento dei nuovi sottoscrittori. In questi primi mesi del 2009, infatti, il variabile è passato dal 15,8% al 22,4%. Solo quattro anni fa, le proporzioni erano invertite, con il 66,2% delle preferenze dei clienti toscani per il variabile.



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