Le banche ci provano ancora con l’anatocismo

proteggersi dalle bancheIo mi stupisco di come le banche continuino a cercare di rubare interessi ai loro clienti, con comportamenti ormai fuori legge . L’istituzione bancaria che perde la sua credibilità perde molto di più dei pochi euro guadagnati alle spalle dei suoi correntisti, eppure ancora oggi leggiamo di sentenze anatocismo bancario che rimarcano come le banche non sembrano voler smettere di rovinare la gente che con fiducia gli si rivolge per avere un prestito.

L’ultima sentenza in ordine di tempo arriva dal Tribunale di Milano, Sesta Sezione, che è tornata a pronunciarsi, con provvedimento analogo a quelli del 3 aprile e del 25 marzo 2015 (resi dalla medesima Sezione), nonché a quello del Tribunale di Cuneo del 29 giugno 2015 , sulla capitalizzazione trimestrale degli interessi passivi a partire dall’ 1 gennaio 2014.

Con Ordinanza del primo luglio 2015, infatti, a seguito di un procedimento cautelare promosso da un’Associazione di consumatori, il Tribunale di Milano ha inibito ad un istituto di credito di «dare corso a qualsiasi ulteriore forma di anatocismo degli interessi passivi con riferimento ai contratti di conto corrente già in essere o che verranno in futuro stipulati con consumatori, nonché di predisporre, utilizzare e applicare clausole anatocistiche nei predetti contratti».

La banca inoltre è stata obbligata ad inserire il provvedimento in esame sulla home page del proprio sito, nonché di «darne comunicazione a ciascun correntista consumatore» e di curarne la pubblicazione su tre quotidiani.

Prima di ogni altra cosa, l’Ordinanza afferma la legittimazione delle associazioni dei consumatori ad agire al fine di inibire agli istituti di credito l’illegittima applicazione di clausole anatocistiche in base all’art. 2, comma 2, lett. e, Codice del Consumo, laddove attribuisce alle associazioni di consumatori il diritto di agire ai sensi della norma successiva a tutela degli interessi collettivi dei consumatori.

Quanto al merito, l’Ordinanza in questione pone l’accento sulla nuova formulazione dell’ art. 120 T.U.B. :  «mentre in precedenza la norma primaria ha delegato all’organo amministrativo di stabilire le modalità per la produzione di interessi sugli interessi … adesso la norma si limita ad incaricare il CICR di stabilire le modalità di produzione degli interessi nelle operazioni bancarie. È sparito, quindi, il riferimento alla produzione di interessi sugli interessi». Da ciò, visto il generale divieto di anatocismo ex art. 1283 c.c., non può che derivare il divieto di anatocismo (anche) nelle operazioni bancarie.

L’Ordinanza chiarisce, poi, il significato del riferimento alle «operazioni di capitalizzazione» di cui all’art. 120, comma 2, T.U.B. Precisato che «la stessa lettera b) in esame è comunque molto chiara nell’affermare che i successivi interessi sono calcolati solo sulla sorte capitale», il provvedimento si sofferma sul significato di tale espressione in matematica finanziaria, ove è «sinonimo di interessi maturati, giunti a scadenza di pagamento».


Con specifico riferimento ai mutui, «si parla di periodo di capitalizzazione per indicare il tempo in cui matura la rata infra-annuale di rimborso, quando il mutuatario deve pagare la quota capitale e la quota interessi, la quale ultima quindi entra nella disponibilità del mutuante al pari del capitale reso».

Il Tribunale si è pronunciato, infine, sull’eventuale contrasto del divieto di anatocismo con la normativa europea. A tale proposito, ha anzitutto precisato che la materia dell’anatocismo non è oggetto di specifica regolamentazione nella normativa comunitaria. Comunque la direttiva 2013/36/UE prevede che deve «essere garantito alle succursali o emanazioni delle Banche degli altri Stati membri di esercitare le attività ammesse al mutuo riconoscimento nello stesso modo che nello stato membro d’origine»,  ma è anche vero che la stessa Direttiva limita tale diritto alla non contrarietà di tali attività «alle disposizioni di legge di interesse generale dello Stato membro ospitante». Da quest’angolo visuale, non si può negare come la regolamentazione dell’anatocismo in termini di divieto corrisponda a un interesse generale: non può esservi alcuna deroga, pertanto, alla limitazione del diritto appena richiamato. Tra le altre cose, precisa pure l’Ordinanza, «siamo in presenza di una norma primaria che vieta l’anatocismo, cioè una condizione gravosa per la clientela, la cui eliminazione non può che giovare alla penetrazione nel mercato da parte di tutte le Banche, di qualunque stato membro».

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