La protesta dei buoni pasto – il 15 giugno non potrai utilizzarli

Chi Protesta: esercenti e ristoratori

Contro Chi Protesta: aziende che emettono i buoni pasto

Perché Protesta: le commissioni che devono pagare i ristoriatori sono troppo alte


Stop ai buoni pasto? Il problema è noto da tempo, il dissenso contro il caro-commissioni è forte da molto ma ora si passa dalle parole ai fatti. Il 15 giugno gli esercenti pubblici e le aziende di distribuzione non accetteranno buoni pasto. Una giornata di protesta per ribadire la necessità di “un incontro urgente per chiarire la situazione ed evitare che il prossimo bando Consip BP10 riproponga i noti problemi con sconti richiesti dalla Consip fino al 20% del valore del buono

buoni pasto
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Il problema annoso è quello delle commissioni dovute alle quali, denunciano Ancd Conad, Ancc Coop, Fiepet Confesercenti, Federdistribuzione, Fida e Fipe-Confcommercio: “per ogni buono da 8 euro ne riscuotiamo poco più di 6”.

Nel 2019 sono stati emessi 500 milioni di buoni pasto per un valore complessivo di 3,2 miliardi di euro. Ne beneficiano circa 3 milioni di lavoratori, di cui 1 milione sono dipendenti pubblici. In totale, ogni giorno dipendenti pubblici e privati ​​spendono 13 milioni di buoni pasto in bar, ristoranti, supermercati e tutte le attività convenzionate. Ma una volta ridotti gli oneri gestionali e finanziari, denunciano le associazioni, c’è un deprezzamento del 30% : per ogni 10mila euro di buoni raccolti le imprese affiliate perdono circa 3mila euro. Alla vigilia della nuova competizione Consip, il clima tra associazioni e governo sembra sempre più teso.

Secondo le imprese le priorità sono due: la riduzione immediata dei ribassi richieste in fase di gara alle imprese emittenti del buon pasto e la riforma complessiva del sistema, seguendo il sistema in vigore negli altri paesi, per garantire il rispetto con il valore nominale del biglietto ed eliminare le pesanti commissioni pagate dagli esercizi dove si consuma il buon pasto .

Una battaglia, spiegano le associazioni, volta a garantire la sostenibilità di un servizio essenziale per oltre 3 milioni di lavoratori, che si rende necessaria quando lo Stato pretende di finanziare la propria spending review, scaricando i costi sull’ultimo anello della filiera. Ad oggi c’è il rischio che il costo sostenuto dal mondo della ristorazione con il sistema del buon pasto sia anche più alto in termini di valore, rispetto all’ultimo giro di ristoro per il settore, circa 40 milioni di euro. Uno stravolgimento a cui le aziende chiedono di rimediare subito, a cominciare dalla prossima gara Consip.

Secondo le associazioni, la stazione appaltante per il servizio del buon pasto all’interno della pubblica amministrazione, la Consip svolge gare solo nominalmente con il sistema dell’offerta economicamente più vantaggiosa mentre, di fatto, si traduce nell’aggiudicazione di chi offre la minore prezzo.

Con un giorno di sospensione dell’accettazione dei buoni pasto, il prossimo mercoledi 15 giugno, si vuole sensibilizzare i lavoratori e più in generale i consumatori sulle gravissime difficoltà che le aziende incontrano ogni giorno a causa delle commissioni elevate che devono pagare sui buoni pasto – dichiara Aldo Cursano, che di Fipe- Confcommercio è vicepresidente vicario nazionale e presidente regionale. 

Si tratta di una vera e propria tassa nascosta che supera anche il 20% del valore del buono. Con questa protesta si vuole salvaguardare la funzione del buono pasto perché se andiamo avanti così sempre meno aziende saranno disposte ad accettarlo, anche perché già devono sopportare l’aumento spropositato dei costi energetici e dei materiali, non possono farsi carico di costi aggiuntivi. 

Insomma, il buono pasto rischia di diventare “cattivo” e quindi inutilizzabile. C’è bisogno di una vera riforma che renda il sistema economicamente sostenibile anche per le aziende, che in definitiva sono quelle che forniscono il servizio ai lavoratori. 

Ma è altrettanto urgente fare in modo che la prossima gara Consip da 1,2 miliardi di euro non venga aggiudicata con gli sconti delle precedenti. La mobilitazione è un’azione di autodifesa per i commercianti e per i consumatori: dobbiamo tutti respingere questo uso ingiusto dei coupon, che sono diventati uno strumento di speculazione finanziaria sulla pelle dei lavoratori.

Vogliamo chiarire che l’emissione dei buoni pasto non riguarda solo le imprese (potenzialmente circa 20mila solo contando bar e ristoranti) ma riguarda anche e soprattutto i lavoratori che li ricevono come forma di pagamento e servizio sostitutivo della mensa , spiega il direttore di Confcommercio Toscana Franco Marinoni. Sono di loro, prima di altri, che il sistema prende in giro: con le aste ribassiste, infatti, ci sono obbligazioni con un valore nominale molto inferiore a quello pattuito e scritto. E non è affatto giusto che i bar, i ristoranti e tutte le altre aziende che accettano questa forma di pagamento siano perdenti per garantire lo stesso servizio al cliente. Ci vuole un intervento deciso del governo e delle istituzioni per porre fine a un problema che dura da troppo tempo.

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